L’impatto psicologico nelle malattie oncologiche
Le malattie oncologiche rappresentano una condizione cronica con effetti di forte debilitazione su un piano emotivo e psicologico
L’incidenza delle malattie oncologiche rappresenta una dimensione in forte e preoccupante aumento. Da 14,8 milioni di nuove diagnosi nel 2014, si è passati progressivamente a 18,1 milioni nel 2018 (il 23,4% in Europa) e sono previsti nel 2030 fino a 22 milioni.
L’impatto che le malattie oncologiche determinano non solo in chi si ammala ma anche sulla vita dei caregivers e di tutto il sistema familiare, sembra comportare cambiamenti legati non soltanto allo stravolgimento che la diagnosi della malattia oncologica ha sul piano psicologico e affettivo, ma anche rispetto alla quotidianità, ai progetti, all’immaginario del proprio futuro. Questo genera un aumento significativo di quella che viene definita “tossicità finanziaria”, legata ad un aumento dei costi delle terapie che, tuttavia, sono coperti solo per il 30% del costo complessivo. L’emergere dei nuovi bisogni nei pazienti con malattia oncologica (che aumenteranno sempre più in termini di complessità nel tempo) richiedono risposte appropriate ed efficaci per ridurre la sofferenza globale.
Di fatto le malattie oncologiche rappresentano una condizione cronica con effetti di forte debilitazione su un piano emotivo e psicologico. Gli individui che incorrono in malattie oncologiche mostrano elevati livelli di stress e una meta-analisi su 94 studi condotta da Mitchell e collaboratori (2011) ha evidenziato come fino al 40% dei pazienti presentavano disturbi dell’umore. Per quanto riguarda la complessa relazione bidirezionale tra funzionamento psicologico e fisiologico, Antoni e collaboratori (2013) hanno evidenziato come interventi psicosociali possano impattare sui sistemi molecolari che possono governare, promuovere e tutelare anche processi di difesa tumorali. Una serie di dimensioni correlate alle malattie oncologiche tra le quali la qualità della vita, affaticamento, depressione, ansia possono costituire fattori di rischio per una non aderenza e scarsa compliance al trattamento. Nonostante sia stato ampiamente dimostrato come la presa in carico globale del paziente conduca ad un forte miglioramento del funzionamento psicologico e fisiologico, i dati a disposizione rilevano come una ridotta percentuale dei pazienti sia disposto ad impegnarsi in un trattamento psicosociale. In particolare, uno studio di Yusuvof e collaboratori (2019), condotto su 1.777 pazienti che avevano ricevuto diagnosi di malattia oncologica ha evidenziato come solo il 4,4% avesse ricevuto un trattamento rivolto alle variabili psicosociali e che il 55,1% non si fosse neppure confrontato circa la possibilità di effettuarlo con il proprio oncologo. È stato dimostrato come coloro che effettuano un percorso psicosociale mostrano più spesso un atteggiamento maggiormente collaborativo e un’inclinazione a fronteggiare la propria condizione in modo efficace (Plass, 2001). Per questa ragione sembra divenire urgenza sociale la necessità di identificare gli elementi che costituiscono delle barriere per il paziente all’adesione ad un percorso di carattere non solo fisiologico ma anche psico-sociale. Quali sono gli elementi che impediscono di intraprendere un percorso?
In particolare, Yusuvof e collaboratori (2019) gli autori hanno promosso l’utilizzo del modello trans-teoretico (Prochaska, DiClemente, 1982) evidenziando come questo possa costituire un modello promettente e valido nel valutare la prontezza del paziente affetto da malattia oncologica ad accettare la cura psicosociale. In particolare all’interno di tale modello, profonda attenzione è data a variabili quali lo stadio del cambiamento, la bilancia decisionale e l’autoefficacia percepita. Sono state utilizzate interviste semistrutturate volte ad approfondire tale dimensioni.
Le misure dello stadio del cambiamento sono state sviluppate attraverso domande che valutassero la propensione ad intraprendere un percorso psicosociale (ricorrendo al supporto di psicoterapeuti, psicologi o in gruppo), valutando se i pazienti si trovassero in fase di pre-contemplazione (coloro che non valutavano questa possibilità per i successivi 6 mesi), contemplazione (la valutavano nei successivi 6 mesi), preparazione all’azione (l’avevano stabilita entro i sei mesi), azione (rientravano nell’ultima categoria coloro che ne avevano beneficiato negli ultimi sei mesi) e mantenimento (in corso da sei mesi). La bilancia decisionale è relativa alla percezione dei pro e dei contro connessi ad un percorso di questo tipo e l’autoefficacia percepita, le convinzioni circa le proprie capacità di fronteggiare una situazione critica, intesa come la percezione di efficacia nei confronti delle proprie abilità a fronteggiare una data situazione.
Sebbene tali variabili siano state approfondite anche in studi precedenti, questo rappresenta il primo studio a valutare il ruolo che queste variabili possono ricoprire nel facilitare o ostacolare l’adesione in pazienti affetti da malattia oncologica ad un percorso psico-sociale.
I risultati hanno evidenziato che i pazienti in fase di pre-contemplazione riportano livelli di benessere percepito maggiore e questo potrebbe spiegare come mai siano meno propensi a richiedere un percorso di supporto psicosociale.
Rispetto alla bilancia decisionale, mentre è stato riscontrato un incremento dei contro percepiti tra la fase sia di pre-contemplazione e contemplazione che tra la preparazione e l’azione, i pro sembrano più evidenti nella fase di mantenimento. Nella stessa direzione, l’autoefficacia percepita sembra essere più elevata nelle fasi di azione e mantenimento, come ad ipotizzare che coloro che intraprendono un percorso di supporto psicosociale percepiscono anche convinzioni di efficacia più elevate nel fronteggiamento della malattia. Per concludere, sarebbe necessario che il team multidisciplinare valutasse le dimensioni psicologiche ed emotive che i pazienti con malattia oncologica sperimentano nell’ottica di fronteggiare le barriere al trattamento e al fine di fare ipotesi sulla tipologia di resistenze e coinvolgere i pazienti all’interno di percorsi personalizzati. Questi risultati potrebbero essere utilizzati per facilitare il ricorso al trattamento delle variabili psicosociali così centrali nel processo di cura della persona che convive con la malattia oncologica.
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