Come gestire l’obesità nella sanità pubblica.

Psicologia e obesità

Come gestire l’obesità nella sanità pubblica.

Proposta di un nuovo modello per ottimizzare le risorse umane e la motivazione dei pazienti

L’obesità è una malattia cronica caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo, risultato di una interazione reciproca tra caratteristiche genetiche, fattori psicologici e ambientali, che coinvolge pattern complessi ormonali e neuronali. L’eziologia multifattoriale, così come la patogenesi, orienta la comunità scientifica a considerare l’obesità come una patologia cronica di per sé e non solo un fattore di rischio.  Nel 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha stimato che più di 650 milioni di adulti fossero obesi, pari al 13% della popolazione generale. Nel contesto italiano i dati INSTAT, pubblicati nel 2016, hanno definito 5,4 milioni di individui obesi, con una corrispondenza pari al 10,4% della popolazione adulta. Nonostante la complessità della patogenesi che coinvolge una interazione stretta e una mutua inter-relazione tra fattori psicologici, biologici e sociali, non sembra essere stata ad oggi individuata una terapia efficace adatta per tutti i pazienti, poiché:

  • le aspettative dei pazienti obesi sembrano spesso irrealistiche in termini di perdita del peso;
  • la comunicazione tra pazienti e clinici ancora ridotta e poco efficace.

Inoltre, poiché nei sistemi della salute Pubblica in Italia, la riduzione delle risorse implica un’ottimizzazione dei costi, questo porta con sé una stima complessiva dei tempi medi delle visite pari a 20-30 minuti, meno frequenti check-up, un tempo inadeguato a motivare i pazienti ai cambiamenti dello stile di vita e il numero dei drop-out rimane davvero ancora molto elevato.

Sembra che poter comunicare in modo preliminare e dare informazioni dettagliate su quello che sarà il programma terapeutico costituisca una operazione “motivazionale” strategica ed essenziale, capace di accompagnare i pazienti al percorso e limitarne il disorientamento. Al fine di spiegare preliminarmente il trattamento alle pazienti con obesità sarebbe importante una presentazione che consenta anzitutto di comunicare entità e qualificazione degli operatori,  un riferimento chiaro e specifico alla salvaguardia della privacy, informazioni sul numero di trattamento per anni e dati specifici sui drop-out, oltre a linee sul modello terapeutico utilizzato con la consegna del relativo consenso informato. Questa parte richiede circa 10 minuti durante la prima visita. Poiché  queste informazioni preliminari sono uguali per tutti i pazienti, può risultare utile un incontro di gruppo dei pazienti che richiedono la visita nello stesso periodo.

In sostanza, prima di iniziare sarebbe necessario dare tutte le informazioni sul trattamento dell’obesità.

In particolare, informazioni salienti e topics della prima consulenza sembrano essere: il senso e gli obiettivi dell’incontro di gruppo, le principali cause di obesità e gli effetti della riduzione del peso durante il programma di dieta. La storia naturale dell’obesità e la perdita di peso giornaliera, l’importanza di regolari controlli, il modello di cura previsto e interno alla struttura, costi del trattamento e cause dell’interruzione del trattamento.

La nuova strategia proposta dal Servizio di Dietetica e Nutrizione clinica di Bolzano ha individuato nella possibilità di garantire chiarezza e fornire dettagliate informazioni in partenza su quello che sarebbe stato il progetto terapeutico, un elemento capace di favorire l’engagement dei pazienti già dalle primissime fasi della presa in carico. Tale metodologia vede nella consulenza iniziale tra i pazienti che richiedono una valutazione nutrizionale e un team multidisciplinare costituito da operatori sanitari, dietista e psicologo un ottimo punto di partenza, elemento che genera un miglioramento dei tempi, dell’efficacia, della motivazione e una riduzione conseguente dei casi di drop-out. La metodologia prevista ha immaginato durante l’incontro iniziale il ricorso a strumenti specifici, quali: l’HADS (Hospital Anxiety and Depression Scale) per misurare ansia e depressione; SF-36; il BES (Binge Eating Scale); SIO-obesity correlated disability, un questionario volto a descrivere lo stato di salute percepito e un test generale di gradimento sull’incontro. I risultati di questo studio confermano come una procedura capace di presentare con trasparenza le metodologie proprie del percorso clinico e delle cure in anticipo, possa condurre a benefici sostanziali registrati su più parametri compresa la riduzione del tempo medio della visita e dei casi di drop-out. In particolare, è stato registrata una riduzione dei casi di drop-out dal 23,3% dell’intervallo temporale dal 2007 al 2009, al 16,40% dal tra il 2010 e il 2016. Questi effetti sembrano avere altresì ricadute enormemente positive sui parametri della spesa generale: questa strategia operativa sembra anche portare dei benefici significativi rispetto alle risorse del Sistema Sanitario Nazionale, associata all’aumento della percentuale di pazienti che sono realmente motivate alla perdita del peso e una riduzione del numero dei pazienti non motivati. Per concludere, possiamo ipotizzare che l’engagement sia il risultato di un processo di cura collaborativo sin dalle prime fasi e tali risultati confermerebbero il dato presente in letteratura rispetto ad un passaggio sostanziale: dalla adesione passiva alla compliance, come esito di un percorso di cura co-costruito.

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A cura di Alessandra Moreschini